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Don Vincenzo MAZZEI



(Tratto da San Lorenzo Bellizzi, L. Larocca, A. Rugiano, a cura di Francesco Carlomagno, Edizioni Nuova Grafica Fiorentina, Firenze)

Nato a San Lorenzo Bellizzi il 12/03/1910 e morto a Tortora il 01/08/1960; è stato parroco dal 1944 al 1956 nel suo paese natale. Dopo un caldo invito del vescovo, Mons. R. Barbieri, decise di tornare a Tortora, dove già era stato dal 1939 al 1944, perché là era venuta a crearsi una situazione molto delicata e lui rappresentava l'unica soluzione.
Nel 1997 l'Amministrazione Comunale gli ha intitolato una strada nel centro storico con la seguente motivazione: "Con tale atto questa Amministrazione Comunale ha inteso perpetuare la memoria della nobile figura di Sacerdote che si è distinto in tanti anni di ministero per le sue doti di mente e di cuore e per il suo impegno a favore della crescita morale e spirituale di tanti tortoresi, nonché per l'opera assistenziale svolta in favore dei bisognosi e dei deboli". A proposito del Sacerdote sanlorenzano, Amedeo Fulco scrisse: "Amabile per bontà, per umiltà, e per scrupoloso zelo" (Memorie Storiche di Tortora, Napoli, Intercontinentalia, 1960, p. 282 ).
Per sua espressa volontà, alla morte, la chiesa di Sant'Anna con l'annesso terreno è stata donata alla Diocesi. Questa proprietà l'aveva ereditata dallo zio Giuseppe Mazzei, sposato ma senza figli, insegnante elementare, in paese tenuto in grande considerazione sia per la sua cultura, sia per il suo modo di vivere religiosamente. Scrisse un saggio su Dei sepolcri del Foscolo ritenuto da tutti i suoi amici un ottimo lavoro critico, però mai stampato e poi andato perduto. Ha chiuso la sua esistenza terrena nel 1929, quasi cieco. All'occasione, beveva sempre volentieri qualche bicchiere di vino. Si racconta che quando gli si domandava se ne voleva, rispondesse: "Che domanda! È come chiedere al malato se vuole sanità".
Don Vincenzo era severo e gioviale, mite e forte, secondo le circostanze. Non guardava in faccia al bisognoso ma all'onestà della persona, sì. Disponibile con tutti: "bianchi" e "rossi". Tempi difficili i fine anni Quaranta e i primi anni Cinquanta. Le provocazioni erano alla portata del giorno. Don Vincenzo era lì. Chiamava Lorenzo "I Priuli" per aggiustare la sua casa o per farsi costruire la casetta in campagna perché, anche se compagno dichiarato, era onesto ed un ottimo mastro muratore. Per questo, fu accusato presso il Vescovo di essere prete "rosso".